Carnevale, tempo di travestimenti,
tempo di abbandonare per una notte il proprio "io", di indossare un'altra
personalità e di recitare per poche ore la parte che abbiamo sempre sognato, in
un globale, pazzo gioco di ruolo. Ed ecco che l'uomo mite si trasforma in un
supereroe, la semplice casalinga in una ricca castellana, la signora elegante e
misurata, in una disinibita gitana, il povero in Re, la fanciulla timida in una
sexy Jessica Rabbit e per lo spazio, insieme breve ed infinito di una notte
piena di musica e risate, con la complicità di una mascherina, ci concediamo
atteggiamenti e movenze che le convenzioni sociali, che spesso ci imprigionano,
ci hanno sempre vietato. Poi, quando l'oscurità si stempera nell'alba,
rientriamo a malincuore nei ranghi e quel costume che ci ha aiutato a sentirci
diversi, o forse più noi stessi, viene malinconicamente riposto, senza più vita,
in fondo ad un armadio. Il Carnevale è morto, inizia il periodo della penitenza
e la pazza allegria che ci ha tenuto compagnia per lo spazio di una magica
notte, ci lascia in fondo all'animo, una piccola perla di tristezza.